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Zingaretti se la prende con i suoi: "Non twittate fonti ma nomi e cognomi"

Pier Luigi Castagnetti, che di crisi di Governo ne ha viste tante, tira in ballo addirittura quella che definisce "la lezione di Berlinguer". Nel 1976, ricorda su Twitter, il leader Pci accettò Andreotti anche se avrebbe preferito Moro, "perché riteneva che sono i programmi, e non le persone, il terreno e lo strumento della discontinuità". Il riferimento è chiaro. Nicola Zingaretti, novello Berlinguer - pur continuando a cercare terze vie e nomi terzi - si trova di fronte a un bivio. Luigi Di Maio non accetta veti sul nome di Giuseppe Conte. Il leader dem non cede, ma - non bastassero gli ultimatum pentastellati - deve resistere anche al pressing interno dei renziani. I parlamentari vicini al senatore di Rignano, in queste ore, ripetono la frase di rito: "La trattativa la sta facendo il segretario e noi lo lasciamo lavorare. Deve decidere lui", ma - al di là della cortesia formale - il messaggio che recapitano al Nazareno è chiaro: "Zingaretti accetti la sfida del M5S, via libera a Conte per formare un esecutivo di svolta sui contenuti e sulla compagine ministeriale", fanno filtrare fonti parlamentari renziane che spingono per l'accordo, prendendo per buona - in un certo senso - la 'lezione di Berlinguer'. Di più. "Il segretario - è la sottolineatura minacciosa - si ricordi che è ancora possibile un governo con Salvini reinsediato al Viminale. Per questo il Pd deve mantenere la barra dritta, e lavorare ad una alleanza riformatrice, anche con Conte premier". Zingaretti, in ogni caso, continua la partita a scacchi a distanza con Di Maio. Il mandato che ha ricevuto da tutti è per una 'discontinuità' su persone e contenuti. Ecco allora che il muro alzato dal segretario nei confronti del premier dimissionario, spiegano fonti dem, potrebbe servire ad alzare la posta e ad ottenere ministeri di peso in un esecutivo che ricompensi la mancata 'svolta' sulla guida politica. E' questa l'offerta che, secondo quanto si apprende, viene dai pentastellati e che - per il Nazareno - prevederebbe l'uscita dal Governo anche di Luigi Di Maio. Uno 'scacco al re' che lo stato maggiore Cinque stelle sta comunque cercando di respingere. Se il 'lodo Castagnetti' troverà attuazione si vedrà nelle prossime ore. Certo è che, a differenza del passato, Zingaretti si trova a 'combattere' con fantasmi che nella Prima Repubblica, per quanto travagliata, non avevano cittadinanza. Sulla rete si ricorrono i tweet dei dirigenti, le fonti anonime che spingono nell'uno o nell'altro verso. "Faccio un appello ai parlamentari del Pd a non twittare testi che parlano di fonti Pd che non si sa mai chi sono: il momento è delicato ed è importante che si parli con i fatti, io le fonti neanche le commento", dice Zingaretti, citando indirettamente l'appello fatto (su Twitter, neanche a dirlo) da Dario Franceschini. "Al Mundial dell'82 il silenzio stampa portó fortuna. E' tutto molto delicato e difficile e per questo faccio una proposta a tutti i compagni di squadra del Pd - scrive l'ex ministro della Cultura - fino alla fine della crisi parla solo Nicola Zingaretti per tutti, come allora fecero gli azzurri con Zoff". Al #Mundial82 il silenzio stampa portó fortuna. E' tutto molto delicato e difficile e per questo faccio una proposta a tutti i compagni di squadra del Pd: fino alla fine della crisi parla solo @nzingaretti per tutti, come allora fecero gli azzurri con Zoff. pic.twitter.com/uqGtzK0Z1E— Dario Franceschini (@dariofrance) August 25, 2019 Renzi e Gentiloni ritwittano. In serata il senatore semplice si concede solo un ultimo cinguettio: "Amici del Napoli: siamo d'accordo che quello contro la Viola era rigore? ", scrive. E Zingaretti tira un sospiro di sollievo. (video agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev)

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